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MAI DIRE NET Forum: ::= COSE CHE FANNO INCAZZARE =::: Il cancrenoso, vessatorio e truffaldino sistema fiscale italiano
   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) mercoledì 08 agosto 2007 - 14:37

Chi davvero vuole l’evasione (prima parte)
Claudio Bianchini
07/08/2007

Il prossimo 8 agosto scade il termine per il pagamento delle tasse sul reddito senza l’applicazione delle sanzioni per i soggetti sottoposti agli studi di settore (praticamente tutte le piccole e medie imprese ed i lavoratori autonomi).

Quest’anno il giro delle proroghe, dei rinvii, delle modifiche normative con effetto retroattivo ad esercizio gia' chiuso ed in deroga allo statuto del contribuente e' stato particolarmente frustrante ed ha fatto rilevare come lo scontro tra i due schieramenti politici utilizzi l’arma della politica economica (in particolare quella fiscale) non per cercare di migliorare la nazione ma per punire le categorie che hanno votato per la parte avversa.

In realta' chi perde e' il sistema produttivo.
La pletora degli adempimenti formali (per lo piu' inutili e vessatori), nuove normative che si accavallano con le vecchie ed incertezze sui tempi di applicazione delle stesse, rendono praticamente impossibile avere un rapporto regolare con il fisco italiano ed espongono le imprese a rischi di vessazioni da parte degli organi di accertamento.

Un semplice esempio: una piccola azienda manifatturiera con un milione di euro annuali di fatturato, che importa o acquista beni in Europa per rivenderli in Italia, e che ha un solo dipendente, e' soggetta ai seguenti obblighi:

obblighi periodici (mensili o trimestrali)
- liquidazioni IVA e versamento dell’IVA;
- elaborazione dei modelli Intrastat sugli acquisti intracomunitari;
- elaborazione ed invio delle dichiarazioni d’intento;
- elaborazioni mensili del cedolino paga;
- comunicazioni mensili all’INPS;
- versamento mensile delle ritenute fiscali e dei contributi INPS per i dipendenti;

Ci sono inoltre obblighi dichiarativi annuali (che si cumulano a quelli periodici di cui sopra):
- certificazioni delle ritenute pagate ai terzi percipienti;
- elenchi dei clienti e fornitori;
- bilancio d’esercizio;
- comunicazione annuale IVA;
- dichiarazione dei redditi con uniti gli studi di settore;
- dichiarazione dei sostituti d’imposta.

Nessuno di questi adempimenti puo' essere gestito in prima persona dall’imprenditore se non è un professionista del settore.
Nell’elenco sono inclusi solo gli adempimenti principali.
Andrebbero aggiunti anche gli obblighi dichiarativi ICI (se si ha un immobile) e la dichiarazione annuale MUD relativa ai rifiuti, nonche' l’invio dei registri dei corrispettivi per chi vende al pubblico.

Oltre agli obblighi dichiarativi ci sono naturalmente anche i pagamenti.
Anche qui le date non sono sempre le medesime: per le imposte sul reddito si effettuano a giugno/luglio e novembre di ogni anno, unitamente ad alcune imposte locali (addizionali regionali e comunali).

Date diverse sono invece previste per i rimanenti tributi locali, quali la TARSU (i rifiuti urbani), l’imposta di Registro per i contratti di affitto, l’ICI, le imposte sulla pubblicità, ecc…

Si tenga presente anche che i contribuenti sono tenuti a pagare le imposte con un anno di anticipo: assieme alle imposte sul reddito dell’anno 2006 si paga un importo analogo aggiuntivo a titolo di acconto d’imposta per l’anno 2007 che è pari, fatto unico in Europa, al 100% delle imposte dovute per l’esercizio 2006 appena chiuso.

A tutto cio' vanno aggiunti gli adempimenti relativi alla Legge 626 (sicurezza sul lavoro); quelli per la privacy e quelli previsti dagli accordi Basilea 2 (se no vengono tolti i fidi bancari).
Adempimenti che sanno di beffa viste le continue violazioni in materia di privacy e gli incidenti sul lavoro recentemente segnalati dalla cronaca, ma che alle aziende costano.
Questo assurdo elenco di adempimenti fiscali e amministrativi si applica anche a micro imprese con fatturati risibili e molti di questi rappresentano delle vere e proprie duplicazioni di dati.

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) mercoledì 08 agosto 2007 - 14:37

Ad esempio, per chiudere l’esercizio e presentare i propri dati al fisco e al Registro imprese, indipendentemente dai ricavi realizzati, una societa' di capitali deve:
- redigere un bilancio;
- presentare una dichiarazione riepilogativa annuale IVA;
- presentare una dichiarazione dei redditi (dove si mettono gli stessi dati già esposti in bilancio e nella dichiarazione riepilogativa IVA);
- predisporre gli studi di settore (che si fanno in modo diverso dalla dichiarazione dei redditi pur riportando anch’essi i dati già indicati nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi).

Dovrebbero spiegarci perche' si devono predisporre quattro documenti invece che presentarne uno solo quando i dati vanno sempre all’amministrazione finanziaria.
Quanto sopra scoraggia chiunque ad aprire una nuova iniziativa e anche per questo in Italia non investe piu' nessuno.

Nemmeno gli italiani.
Chi puo' scappa.
Anzi e' gia' scappato.
Ecco altri 2 esempi significativi su questa situazione.

Detrazioni IVA
E’ diventata ormai da lungo tempo prassi, da parte dell’amministrazione finanziaria, quella di cambiare ogni anno le regole fiscali.
Ma all’inizio del 2007 hanno superato se stessi varando regole che hanno effetto retroattivo sul 2006, quando i bilanci delle aziende erano gia' stati in larga parte presentati e approvati dalle assemblee dei soci.

Cosi' ecco che ad aprile del 2007 viene detto che la detrazione IVA sulle auto per l’anno 2006, gia' modificata nel corso dello stesso 2006, e' ulteriormente cambiata e stabilita al 40%, e che gli effetti fiscali relativi al 2006 si potranno riconoscere solo nella prossima dichiarazione dei redditi relativa al 2007.
Insomma e' stato varato un effetto fiscale retroattivo che si denuncerà 2 anni dopo.

Studi di settore
I criteri di determinazione della congruita' ai fini degli studi di settore relativi all’anno 2006 sono stati oggetto di modifiche da parte della pubblica amministrazione sino al mese di giugno 2007.
A giugno 2007!

Quando era gia' scaduta la prima finestra utile per il pagamento delle imposte senza maggiorazione. Mentre il fisco stava ancora discutendo su come applicare gli studi di settore, molte aziende e contribuenti stavano gia' pagando le imposte in base alle proprie risultanze contabili, secondo i termini indicati dalla stessa amministrazione finanziaria.
Il problema e' che con gli studi di settore l’amministrazione fiscale vorrebbe determinare le imposte in base a indici statistici di redditivita', dimenticando pero' che non sono state abrogate le norme che obbligano i contribuenti a determinare le imposte in base alle risultanze contabili.

Andrebbe spiegato allora ai cittadini perche' si debba tenere una contabilita' , fare dei bilanci, predisporre dichiarazioni dei redditi e calcolare le imposte in base alla contabilita' se poi questa stessa documentazione non viene esaminata dal fisco, che determina le imposte in base ai metri quadrati dell’ufficio o in base a quanto sono larghi i bagni dell’azienda.

Per chi e per cosa si sta lavorando?
Perche' si e' obbligati a prendere (e pagare) un commercialista se poi il suo lavoro non viene considerato?

Il peggioramento nei rapporti con l’amministrazione finanziaria e' palpabile anche se, per inciso, il deterioramento della situazione risale a molto lontano.
Un esempio?
Eccolo.

Si provi senza l’aiuto di un esperto a leggere la propria busta paga: non si capira' nulla.
Eppure dovrebbe essere la cosa più semplice del mondo.
E’ dall’unita' d’Italia che ci sono i lavoratori dipendenti.
Come e' possibile che il dipendente non possa leggersi la propria busta paga?
Perche' ad una azienda serve un esperto per calcolare la retribuzione dei propri dipendenti?
Perche' un negoziante non può fare le paghe dei propri garzoni?
Dove sono i sindacati?
Dove sono le associazioni degli imprenditori?

Una volta per seguire un’impresa sotto l’aspetto amministrativo e fiscale, e senza i computer, vi era un unico consulente (di solito un dottore commercialista o un ragioniere) e le buste paga venivano fatte a mano, ed erano relativamente semplici.

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) mercoledì 08 agosto 2007 - 14:38

Oggi, che esistono i computer, per fare le stesse cose nelle aziende ci sono:
il consulente del lavoro;
il dottore commercialista;
il ragioniere commercialista;
il tributarista;
il revisore dei conti;
il consulente d’azienda.
E sicuramente se ne sta dimenticando qualcuno.

Non si parla di nuovi servizi o di nuove funzioni.
Si parla di fare quello che si faceva 50 anni fa.
Senza alcun valore aggiunto.
Tutto cio' grava sulla societa' , sui cittadini, e quindi alla fine sul prezzo dei beni e dei servizi che vengono acquistati.

Anche sul versante del numero delle imposte esistenti, tra gabelle nazionali e gabelle locali, ci si perde nel conto.
Sembra che gli amministratori pubblici prendano premi e incentivi per complicare ed ingarbugliare le situazioni

Nel 1992 era stato fatto un timido tentativo per semplificare il numero delle imposte.
Ma poi si e' continuato a legiferare nuovi balzelli, che si aggiungono ai precedenti.
E’ frustrante persino farne l’elenco.
Si arriva allo sconcerto se poi si pensa che per creare questo groviglio costoro vengono anche pagati.

Tra l’altro la massa di questi adempimenti, oltre a creare confusione, costa di piu' ai cittadini senza un reale beneficio nei conti della pubblica amministrazione.
Non ci risulta infatti che, per effetto dei numerosi adempimenti trasferiti dalla pubblica amministrazione alle aziende negli ultimi 15 anni (intrastat, dichiarazioni d’intento, eliminazione della modulistica doganale dal 1993, ecc..) la pubblica amministrazione abbia diminuito il proprio personale.

Ma soprattutto l’insieme di questa situazione non consente piu' ad una persona di media cultura di gestire o iniziare una nuova impresa.
Troppe variabili non controllabili.
E con tutti questi adempimenti nessuno, dicasi nessuno, puo' essere sicuro di considerarsi in regola con il fisco di questo Paese.
Ancora una volta il danno maggiore lo subiscono le piccole e medie imprese, nonche' tutte quelle micro iniziative economiche che non hanno speranza di decollare in questo sistema.
Sembra di assistere all’organizzazione delle gite scolastiche, dove orari e costi cambiano sino all’ultimo minuto in base al numero dei partecipanti.

Ma qui si parla della programmazione economica e fiscale di un Paese che una volta era la sesta potenza industriale del pianeta e che oggi, a sentire i giornali, e' ridotta ad avere come priorità principale quella di tenere sotto controllo il deficit pubblico.

Se la politica fiscale e' questa, o siamo rappresentati dalla peggiore classe politica di sempre oppure sorgono dubbi sul ruolo effettivo delle tasse.
Vedremo il perche' nella prossima parte.

Claudio Bianchini

(Fine prima parte)

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) mercoledì 08 agosto 2007 - 14:40

si, so che e' un copiaincolla e anche lungo, pero' e' lo specchio della situazione fiscale ed economica italiana... uno sfacelo totale :impicc:

   By Minni (151.12.153.130 - 151.12.153.130) mercoledì 08 agosto 2007 - 15:26

visto che sono ancora alla scrivania da stamattina, vi do' un piccolo esempio di come sto perdendo la testa oggi..
la finanziaria 2007 ha aggiornato i valori degli assegni per il nucleo familiare per i dipendenti. benissimo. La tabella 11, (famiglia "normale" ) riporta ben 739 scaglioni di reddito (avete letto bene :\ ) contro i 16 degli anni scorsi
si vogliono creare nuovi posti di lavoro così, impedendo ai singoli cittadini di capirci qualcosa e obbligandoli quindi a rivolgersi a uno staff di persone per le proprie scartoffie quotidiane??
:suicidio:

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 10:41

Chi davvero vuole l’evasione! (seconda parte)
Claudio Bianchini
09/08/2007

Secondo quanto trasmesso dai TG del 21 e 22 luglio scorsi la principale ragione del deficit pubblico italiano e' l’evasione fiscale.
Nell’esporre i risultati della lotta all’evasione fiscale realizzati dalla Guardia di Finanza nel 2006, emerge che l’Italia e' un Paese di evasori fiscali che sottraggono all’erario circa 20-30 miliardi di euro annui con i quali non ci sarebbe piu' bisogno di fare manovre finanziarie e soprattutto si potrebbe pianificare il rientro del debito pubblico.

Il problema, secondo il comunicato dei TG, e' che di questa evasione solo una percentuale irrisoria, tra l’ 1% e 2%, finisce nelle casse dello Stato.
Per tale motivo si pensa di inasprire ed allargare l’istituto dell’ipoteca immobiliare da applicare agli evasori.
Al fermo dell’autoveicolo verra' quindi affiancata l’ipoteca immobiliare (per chi l’immobile ce l’ha).

Il comunicato non e' stato contestato da alcun partito.

Se ne deduce che per l’intera classe politica la colpa di tutto e' degli italiani, che sono evasori. Ganasce e ipoteche e tutto andra' a posto.
Niente piu' finanziarie lacrime e sangue e conti pubblici sotto controllo.
Possibile che la colpa del dissesto finanziario italiano sia sempre del cittadino?

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 10:42

Oggi perche' e' evasore; ieri perche' non era abbastanza flessibile sul mercato del lavoro; l’altro ieri perche' andava troppo in vacanza all’estero o consumava troppi farmaci.
E' proprio così o questa e' l’ennesima "panzana" istituzionale dei signori del potere che del resto da sempre considerano i sudditi degli ignoranti (sara' l’istruzione pubblica)?

Basta vedere gli attuali spot televisivi erogati su come risparmiare corrente elettrica per far credere di avere risolto il problema energetico.
Andiamo con ordine.

1 - Tasse e deficit pubblico
A scuola e' stato insegnato che le tasse sono uno strumento necessario per fare funzionare la democrazia.
Con esse lo Stato, in base al principio di rappresentanza che caratterizza i sistemi democratici, redistribuisce le ricchezze e garantisce i servizi alla collettivita' secondo gli indirizzi scelti democraticamente dai cittadini attraverso il sistema dei partiti, che li rappresentano.
La differenza tra le tasse raccolte presso i cittadini e l’insieme della spesa dello Stato crea, se negativa, il cosiddetto "deficit pubblico"

Il deficit pubblico puo' essere ripianato o ridotto solo attraverso una maggiore tassazione sui cittadini (che deprime l’economia, perche' la gente spende meno) o attraverso la vendita dei beni pubblici (fenomeno oggi noto come privatizzazione) .

Ma in Italia è proprio cosi'?
Se ci si vuole informare sul debito pubblico italiano, non si trovera' alcun ente pubblico preposto a questa funzione.
Non c’e' un ministero per le informazioni al cittadino.
Non vi sono norme che, in regime di trasparenza, informino i cittadini su come lo Stato spende
i soldi delle tasse.
Idem per gli enti locali.
Nessuna norma impone di informare i cittadini su quanti soldi, ad esempio, siano stati raccolti con le contravvenzioni e su come questi siano stati spesi.

Se si va in un Comune e si chiedono informazioni sulle spese di una certa opera pubblica, non si avranno risposte.
Se si vuole, a pagamento, si puo' richiedere una copia del bilancio dello Stato italiano presso i Poligrafici dello Stato, ma e' cosi' sintetico che non serve a nulla, oppure avventurarsi alla Direzione Generale del Tesoro e cominciare a cercare.

Si può trovare qualche cosa sul sito www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/Dati-Stati (1)

A parte i ritornelli periodici sul deficit pubblico pubblicati dai quotidiani in occasione delle annuali finanziarie, i cui numeri peraltro divergono da giornale a giornale, si ha la netta impressione che, oltre a non esistere un obbligo informativo da parte dello Stato verso i propri cittadini, nessuno sappia esattamente come stanno le cose in questo Paese, soprattutto i politici.

Solo nell’ultimo trentennio, ad esempio, hanno massacrato i contribuenti ogni anno con Leggi Finanziarie che quando andava bene (per i contribuenti) incameravano maggiori entrate per 10 o 15 miliardi di euro.
Quando andava male, i miliardi diventavano 20 o 30 e le finanziare 2 anziché 1.

E cosi' la pressione fiscale in questi ultimi anni e' passata, come aliquota minima sulle persone fisiche, dal 15% al 23% (la massima e' sopra il 40%); l’aliquota IVA ordinaria e' passata dal 12% al 20%; sono state introdotte nuove imposte locali (ICI, addizionali regionali, comunali, ecc.), sono aumentate le aliquote contributive; e' stato allargato il numero dei soggetti che versano i contributi obbligatori all’INPS ed è stata alzata la soglia dell’eta' pensionabile.
Senza contare le maggiori entrate una tantum per effetto dei condoni fiscali, edilizi, contributivi, ecc.

Nel medesimo periodo e' stato venduto (o svenduto) oltre meta' del patrimonio industriale pubblico italiano (a suo tempo acquisito con i soldi dei nonni e genitori dei contribuenti); sono state date ai privati in concessioni ventennali, o oltre, le spiagge d’Italia e le fonti di acqua.

Praticamente hanno tassato tutto salvo l’aria che si respira (tanto e' inquinata) e venduta mezza Italia.
Eppure, il deficit pubblico italiano non e' diminuito, lo Stato arranca senza fondi e l’INPS minaccia di non poter pagare le pensioni fra 20 anni.

Sempre colpa dei cittadini evasori?
E dove vanno a finire tutti questi soldi?

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 10:43

E’ opportuno provare a fare i conti di quanto costa al cittadino questo Stato, che non funziona e che non da informazioni, nemmeno a se stesso.
Cominciamo dai lavoratori dipendenti.

Per erogare uno stipendio (da fame) di euro 1.000 al mese (che non tutti prendono) un’azienda italiana in regola ne tira fuori ogni mese 3.000.

La suddivisione può essere sintetizzata come segue:
carico contributivo 42%
imposte sul reddito 23%
ammontare netto al dipendente 35%

Se si va su un reddito annuo più accettabile di 30.000 euro l’anno, la ripartizione è la seguente:
carico contributivo 42%
imposte sul reddito 26%
ammontare netto al dipendente 32%

Tenuto conto degli ulteriori balzelli locali (addizionali varie), lo Stato si porta via subito, all’atto dell’erogazione delle retribuzioni, il 70% di tutto.

Dopodiché se si prende l’autostrada la si paga; sui beni e sui servizi si paga l’IVA e su altri (liquori, vino, birra, ecc.) le imposte di fabbricazione, che arrivano all’80% del prezzo di acquisto nel caso del carburante per l’auto.
Aggiungiamo, per completare il quadro, che non tutti i versamenti fatti all’INPS entrano nel conteggio della pensione.
Sempre che ci si arrivi.

Per chi non ci arriva, incassa tutto l’INPS, senza alcun riscatto per gli eredi.

Non si e' mai capito, tra l’altro, come lo Stato possa saccheggiare liberamente i fondi dell’INPS per motivi di politica economica (e non previdenziale) senza chiedere il consenso dei lavoratori, che alimentano le entrate di questa cassa e che ne dovrebbero essere i proprietari.

Vediamo adesso la situazione per le aziende.
La pressione fiscale nominale dovrebbe essere del 37,25% (33% IRES e 4,25% IRAP).
Tuttavia quella vera e' ben piu' alta, per effetto dei numerosi costi totalmente o parzialmente fiscalmente non deducibili e per il fatto che l’IRAP si paga anche sul costo del lavoro.
Un valore piu' realistico di pressione fiscale potrebbe essere tra il 60% ed il 70% anziché il nominale 37,25%.

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 10:44

Ma vi sono numerosi casi dove questa percentuale viene superata.
Ecco un esempio.

Una societa' di capitali, con un utile ante imposte di 20.000 euro, che ha un costo del lavoro di 100.000 euro, un canone annuo di leasing immobiliare di 30.000 euro e spese annue per autovettura aziendale di 10.000 euro, in base alle aliquote nominali dovrebbe pagare imposte sul reddito in base al 37,25% sull’utile di 20.000 euro, quindi un ammontare complessivo di euro 7.450.

Nella realta' , per effetto della non deducibilita' del costo dell’autovettura, per il fatto che il leasing immobiliare e' deducibile solo all’80% e non al 100%, l’azienda paga un’IRES di euro 11.880 (33% su un reddito imponibile di euro 36.000 e non di 20.000), ed un’IRAP di euro 5.780 (4,25% su un reddito imponibile di euro 136.000, vale a dire sul reddito imponibile ai fini dell’IRES più il costo del lavoro di 100.000 euro).

Quindi l’imposta complessiva è pari ad euro 17.660 (euro 11.880 di IRES ed euro 5.780 di IRAP), pari cioè al 88% dell’utile ante imposte.

Occultamente stanno applicando alle aziende lo stesso livello di tassazione esorbitante riservato ai dipendenti: un prelievo fiscale attorno al 70% sull’utile conseguito.
Ma nessuna azienda regge il mercato se gli togliete il 70% dell’utile conseguito.
Si provi ad immaginare come possa difendersi un’azienda!

Queste considerazioni tuttavia non trovano spazio sui giornali, nemmeno in quelli economici.
E quindi i cittadini non ne sono consapevoli.
Si provi a lasciare nelle tasche di un lavoratore dipendente l’intero costo ditta della sua retribuzione, e si vedrà come sarà disposto a consegnarne il 70% allo Stato in occasione del pagamento delle imposte!

All’aumento consistente del prelievo fiscale negli ultimi anni e alle vendite dei beni pubblici non e' corrisposta una equivalente riduzione del deficit pubblico ma, al contrario, si e' registrato un aumento delle spesa dello Stato.

In pratica questo Stato alimenta se stesso: non maggiori entrate fiscali per diminuire il deficit pubblico, ma principalmente maggiori entrate per aumentare le proprie spese.
Vengono in mente alcune recenti polemiche in merito al costo della politica: le sontuose ville o panfili dai quali alcuni politici e ministri rilasciano interviste; i 35 mesi o poco piu' necessari ad un parlamentare per avere la pensione, quando ai cittadini si chiedono invece 35 anni di versamenti, o le 300 mila e oltre auto blu circolanti in Italia.
Nella prossima parte si vedra' cosa non viene detto quando si parla ai cittadini di evasione fiscale.

Claudio Bianchini
(fine seconda parte)

   By Wasabi (129.35.231.2 - 129.35.231.2) venerdì 10 agosto 2007 - 10:48

ma un link diretto non ce l'avevi?

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 10:53

si, mi sono lasciato prendere un po' la mano lo ammetto :D

   By Wasabi (129.35.231.2 - 129.35.231.2) venerdì 10 agosto 2007 - 11:34

vabbè ho capito che mi tocca lavorare per stamparmelo tutto :|

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 11:47

http: //www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2186&parametro=economia

http: //www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2188&parametro=economia

dai, prometto che per la terza parte metto solo il link, faccio il bravo eh? ;.

   By Wasabi (129.35.231.2 - 129.35.231.2) venerdì 10 agosto 2007 - 12:51

ma no, puoi anche mettere tutto qua, io però vado al link perché per leggerlo preferisco stamparlo.

Comunque grazie High (bacetto)

   By Highrise (62.10.241.161 - 62.10.241.161) venerdì 10 agosto 2007 - 16:26

:)

   By Highrise (62.10.220.223 - 62.10.220.223) mercoledì 15 agosto 2007 - 09:04

http: //www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2197&parametro=economia

terza e ultima parte, che parla di come per certi gruppi di potere locali sia possibile evadere il fisco e nascondere all'estero i propri fondi... oh, ciao Massimo, bella barca :D

   By Highrise (62.10.220.223 - 62.10.220.223) mercoledì 22 agosto 2007 - 09:55

http: //www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2007/08/governo-rendite.shtml?uuid=f67bc650-5075-11dc-a63e-00000e251029&DocRulesView=Libero

Il Governo innalzerà dal 12,5 al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie.

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ANCORA TASSE?!?!?!?!?!

Con questa ultima mossa si sono giocati la poltrona, a vacanze terminate ci sara' da ridere

   By Highrise (62.10.220.223 - 62.10.220.223) giovedì 23 agosto 2007 - 14:41

Roma - "C’e' sciopero e sciopero. Lo sciopero come contrasto diretto al fisco non funziona. Quello fiscale e' un campo di forza, chi ci entra in violazione viene stritolato. Ci sono pero' margini entro cui si puo' comunque fare una protesta fiscale. L’esempio piu' affascinante e' Gandhi" . Cosi' Giulio Tremonti, vicepresidente della Camera ed esponente di Forza Italia, interviene sull’ipotesi di una rivolta fiscale, come proposto da Umberto Bossi. Citando l’esempio della "marcia del sale" di Gandhi, Tremonti ricorda che "fu una marcia fiscale, segno' il rifiuto di pagare la tassa inglese sul sale. Il sistema italiano offre ampi margini per forme di protesta non illegali. Ci sara' una serie di sorprese, perfettamente legali, e proprio per questo ancora piu' efficaci" .

L’ex ministro dell’Economia sostiene inoltre che "la politica fiscale di quest’anno ha dato corpo a una figura politica ricorrente nella storia: lo Stato criminogeno, che fabbrica leggi destinate ad essere violate. Sale la pressione fiscale, cui si somma l’oppressione fiscale. Quando il fisco si rende odioso inventando adempimenti-trappola che non servono a niente se non ad aumentare i messaggi e i costi dell’obbedienza, e' il fisco stesso che spinge all’evasione e insieme ne costituisce l’alibi" .

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Ecco, questo e' parlare :)
Non resta altro che attendere che le promesse di ostruzionismo fiscale non illegale si concretizzino... e d'altronde in una democrazia dovrebbero esistere degli strumenti ad hoc che garantiscano la possibilita' ai cittadini di levarsi dalle scatole un governo sempre piu' impopolare e deleterio al benessere della nazione.

PS - ho notato da qualche settimana a questa parte un pauroso aumento nei prezzi degli alimentari, anche all'ingrosso... si profilano tempi duri all'orizzonte

   By Highrise (62.10.218.54 - 62.10.218.54) venerdì 25 luglio 2008 - 15:21

Per ora il Parlamento costa 26 milioni in più
di Stefano Casamassima
Il Giornale

Roma - Domani forse avremo un sistema monocamerale. Intanto però i contribuenti italiani pagano un conto salatissimo per la gestione e il funzionamento dei due rami del Parlamento.

I numeri, che escono dai bilanci che Camera e Senato hanno approvato ieri, ci presentano un quadro quantomeno a tinte fosche: per il 2008 il trasferimento di fondi complessivo, cioè i soldi pagati dagli italiani attraverso le tasse, sarà di quasi un miliardo e mezzo di euro, rispettivamente 978 milioni di euro per la Camera e 511.5 per il Senato. Numeri impressionanti che crescono ancora di più se si includono tutte le voci (fondi, rendite diverse da trasferimento dallo Stato, costi previdenziali) arrivando a un miliardo 663 milioni (1.069 per la Camera, 594,5 per il Senato).

Non solo. A fronte della diminuzione dei partiti politici presenti in Parlamento, non si è prodotta una proporzionale diminuzione delle uscite. Anzi, per la gestione corrente le spese di Montecitorio cresceranno di circa 14 milioni (+1,5), mentre per le necessità di palazzo Madama e dei suoi inquilini ne serviranno 12 in più rispetto al 2007 con un incremento del 2.11 per cento e ben oltre la soglia dell’1,7 dell’inflazione programmata.

Un aumento comprensibile anche in considerazione degli scatti delle retribuzioni dei dipendenti, del sistema previdenziale non su base contributiva ma retributiva e svincolato da scalini e scaloni (tradotto, chi è entrato al Senato prima del 1998, tra anzianità, scivoli e abbuoni potrà andare in pensione a 50 anni). A questo si aggiungano i vitalizi ai nuovi non eletti e il gioco è fatto.

Deluso anche chi aspettava minori spese dalla diminuzione dei gruppi parlamentari, passati nell’attuale legislatura da undici a quattro. Se alla Camera nel paniere restano 2,8 milioni di euro in più (tra minori stipendi al personale e contributi), al Senato l’inversione di tendenza non c’è stata e la spesa è salita dai 39 milioni e 350mila euro ai 40 e 100 di quest’anno, con un incremento dell’1,9 per cento. Un fatto fisiologico, precisa dalla Camera il questore Antonio Mazzocchi, perché «se è vero che è diminuito il numero dei gruppi, i parlamentari sono sempre gli stessi». Con annessi e connessi. Ma, ricorda ancora Mazzocchi, «alla Camera abbiamo contenuto la crescita del fabbisogno all’1,5 per cento meglio dell’1,7 che chiedeva il governo». Un tetto in linea con l’inflazione programmata a cui, fanno sapere dal Senato, arriveranno nel 2009 con contestuale riduzione dei contributi ai gruppi.

Ma cosa spinge in alto le spese? A fare la parte del leone sono le pensioni dei parlamentari: 131 milioni nel 2007 per i deputati, contro i 138 di quest’anno, con una crescita del 5,25 per cento, mentre per pagare i vitalizi ai senatori nel 2008 serviranno 81 milioni di euro, il 4,52 in più rispetto ad un anno fa. Un carico a cui contribuiscono anche i dipendenti pensionati di palazzo Madama, per cui serviranno oltre 82 milioni (+5,77 per cento) e il personale non dipendente (+2,52 per cento). Crescono al Senato anche le spese per i servizi informatici (+13%), per le pulizie e il facchinaggio con un 6,53 per cento in più (e una spesa di oltre 4 milioni e 600mila euro). Forte ma non in crescita l’esborso per i viaggi alla Camera. Non tutti sanno che i deputati eletti nelle circoscrizioni estero ci costano solo in biglietti aerei quasi un milione e mezzo di euro l’anno. Peggio per quelli di casa che per volare di milioni ne bruciano quasi otto. Anche il trasporto dei senatori non è uno scherzo: seppur in calo, quest’anno ci costerà quasi 6 milioni di euro. Pure a tavola i nostri parlamentari si fanno rispettare. Per rifornire le cambuse dei Palazzi ci vorranno quasi 5 milioni di euro. Ben spesi, invece i 200mila euro che alla Camera hanno permesso l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Mentre scoppia la guerra tra i parlamentari. I deputati guadagnano più dei senatori. Emerenzio Barbieri (Pdl): «O siamo tutti uguali o qui c’è qualcosa che non quadra».

È vero. C’è qualcosa che non quadra.

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Ecco da dove partono gli sprechi in Italia, un miliardo e mezzo per camera e senato.

   By Tyler (93.48.173.241 - 93.48.173.241) martedì 17 gennaio 2012 - 12:32

Ma il bello inizia adesso... :doh:

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